A tu per tu con Jerry Canevisio: viaggio nella realtà e nei successi dell'Oregon Team

20/11/2013 » Eurocup Megane Trophy Matteo Lupi - ( twitt: @japanpower81 )

Cremosano, ore 17 di un mite martedì novembrino. Raggiungiamo la sede dell'Oregon Team qualche minuto prima dell'orario previsto per l'incontro ed il nostro interlocutore non è ancora arrivato. Ad un certo punto percepiamo da lontano il sound di un motore e non facciamo nemmeno in tempo a voltarci che uno dei meccanici al lavoro sulle vetture esclama: "Eccolo, sta arrivando!".


Un'utilitaria rossa sbuca dal cancello e si ferma nel parcheggio antistante l'ingresso. Jerry Canevisio scende con il telefono appoggiato all'orecchio e la contagiosa energia di chi vive sempre di corsa. Sciarpetta al collo e giubbino scuro, ci saluta scusandosi: "Sapete, qui siamo sempre tirati, anche se in realtà le corse sono solo la nostra passione: tra clienti e fornitori non sono mai fermo".


Un cenno ai ragazzi, due chiacchiere veloci sulla giornata, quindi ci accompagna nel suo ufficio dove, su una delle scrivanie, troneggia l'enorme Trofeo destinato a chi ha vinto per 3 stagioni consecutive il Megane Euro Trophy. "Eh...questa è una grande soddisfazione" esclama quasi rapito mentre il suo sguardo lo osserva con l'atteggiamento spontaneo di chi vede ripagato il frutto di un duro lavoro, ma non riesce proprio a tirarsela.  




25 anni nel mondo delle corse, di cui quasi 20 legati al Mondo Renault con un'incredibile sfilza di titoli europei, in mezzo una stagione nell'ETCC con le Alfa 156 da privati di lusso, Signor Canevisio si ferma mai a riguardare la storia dell'Oregon Team?

"Capita non di rado, devo essere sincero, anche perché per me ragiona il cuore, non il portafoglio. C'è la soddisfazione di aver raggiunto tanti traguardi ed aver vissuto una bella storia. Quando mi riguardo l'unica differenza che noto sta qui" (indicandosi i capelli ingrigiti dal tempo mentre gli occhi e il sorriso si posano sulla parete alle sue spalle dove campeggia una bella fotografia di qualche lustro fa, ndr.)


Siete diventati un'istituzione nel panorama motoristico internazionale, eppure mediaticamente continuate ad avere un low-profile, tipico di chi crede nel duro lavoro e non desidera apparire. E' così o sentite che vi mancano un po' di attenzioni?

"Dire che ci mancano attenzioni forse è esagerato, in fin dei conti nel corso degli anni ci siamo abituati. Siamo consci che il panorama italiano è incentrato grossomodo all'80% sulla Formula 1 e che nel restante 20% ce la dobbiamo giocare bene per ottenere un po' di visibilità. Per noi si tratta comunque di un'attività gratificante, soprattutto grazie ai nostri risultati, e il fatto di non apparire non ci toglie il sonno".


Luca Rangoni, Stefano Comini, Giorgio Pantano, Davide Valsecchi e Mirko Bortolotti sono solo alcuni dei piloti che hanno lottato portando in alto l'egida dell'Oregon Team. Ognuno con la sua storia, ognuno con la sua vita: come si passa da gestire un amatore ad un ex-F1?

"Con l'esperienza e tanta passione, perché il cuore fa tanto nell'approccio con un pilota che, dopo essere arrivato al top del professionismo, percepisce che, in quell'ambito, le soddisfazioni non sono più le stesse. In ogni caso la nostra mentalità ci porta ad instaurare lo stesso tipo di rapporto con qualsiasi pilota: si tratta di una gestione professionale a 360°. Quest'anno Bortolotti è arrivato nel nostro team perché dopo aver conquistato due titoli consecutivi nel Megane Trophy con due piloti dal passaporto straniero, volevamo assolutamente avere qualcuno che portasse sul podio il nostro inno. Dopo aver testato diversi piloti abbiamo capito che Mirko era il ragazzo giusto per continuare il nostro lavoro e lui si è manifestato soddisfatto della condizione nella quale era venuto a trovarsi. Sapevamo di potergli dare la possibilità di vincere e lui l'ha fatto in grande stile e con grande dedizione, nonostante l'ultima macchina che aveva guidato fosse una Williams di F.1. All'inizio è stato particolare: mi sono trovato nella condizione di dovergli spiegare che tra quella e la nostra macchina c'era un filo di differenza, ma quando abbiamo colmato questo gap ideologico, il gioco ha iniziato a divertirlo". 




Sarebbe in grado di dirmi un nome: il pilota che l'ha colpita di più in questi anni?

"Ce ne sono diversi, non posso fare un nome solo, ognuno con la sua caratteristica specifica, sia dal punto di vista caratteriale che dal punto di vista della guida. Se non prendiamo come discriminante il piede pesante, dato che quello ce l'hanno tutti, e ci concentriamo sulla capacità di controllo della macchina, direi che Stefano Comini è quello che mi ha impressionato di più: era in grado di adattarsi a qualsiasi condizione, anche alle gomme buche...e non ho detto sgonfie, ho detto buche. E' una dote incredibile ma, al tempo stesso, un incognita pesante perché non sempre permette ai tecnici di avere un feedback chiaro sul bilanciamento e sull'assetto della vettura. Niccolò Nalio al contrario aveva una sensibilità tecnica sopraffina. Albert Costa e Luca Rangoni erano velocissimi ma, per la loro giovane età, pagavano qualche debolezza caratteriale".


Come si arriva a vincere 3 titoli consecutivi in un campionato competitivo e serrato come l'Euro Megane Trophy?

"Con tanto lavoro tecnico senza dubbio, ma anche con la capacità di costruire una squadra. Ora, anche se siamo alla fine di un ciclo, l'Oregon Team è prima di tutto una famiglia, dal primo dei gommisti all'ultimo degli ingegneri: tutti conoscono tutti e quando lavoriamo lo facciamo con il sorriso. E' questo che ci ha sempre permesso di andare in pista gestendo 6 macchine con "sole" 15 persone...".




La crisi sta fagocitando risorse e disponibilità, ciò nonostante la serie Renault ha retto il colpo continuando a presentare griglie con numeri accettabili, come vede il futuro della categoria e quali sono i vostri programmi per il 2014?

"Il contenitore della World Series è ad un bivio: l'anno prossimo il Megane Trophy non ci sarà più e il progetto di una nuova auto a ruote coperte che rispecchi il prodotto di serie diventerà realtà nel 2015. Così, di primo acchito, uno potrebbe pensare che se a sparire fosse la F.Renault 3.5 lascerebbe una voragine incolmabile, ma la realtà è diversa: il nostro campionato è ciò che si avvicina a maggiormente alle auto che la casa francese vende tutti i giorni e investire su una serie di sole monoposto non è sostenibile. La Renault potrebbe non avere il ritorno d'immagine che si aspetta e non bisogna dimenticare il discorso economico. In Europa ci sono due categorie che richiedono budget da oltre un milione di €: 48 vetture tra GP2 e F.Renault 3.5 iniziano ad essere troppe, per me, qualcuno rischia di "lasciarci le penne". Quando nel 2011 chiesi una vettura con il telaio in fibra di carbonio mi diedero del pazzo, ma il nuovo progetto va proprio in questa direzione. Ora ho detto agli organizzatori della World Series che voglio una gara a Montecarlo, vediamo se ci sarà ancora la F.3.5 ... Noi restiamo alla finestra, in attesa di ricevere la nuova macchina verso ottobre del prossimo anno: abbiamo deciso di non lanciarci in altre avventure come successe nel 2004 con le Alfa 156 nell'ETCC, perché a 10 anni di distanza le cose sono molto diverse. Saremo comunque in pista in una serie italiana con la Clio".


Dopo essere stata esclusa dalla maggior parte dei campionati internazionali, l'Italia ha perso anche la gara inaugurale del WTCC a Monza. Voi ad ogni gara siete testimoni dell'enorme seguito nutrito dal motorsport in tutta Europa, qual è secondo lei il problema che attanaglia il nostro Paese?

"Le dinamiche del motorsport sono sempre state gestite dai costruttori. Una volta il mercato italiano era florido, ora le macchine si vendono in Russia e in Asia più in generale, quindi i grossi costruttori, seppur europei, cercano di organizzare gare dove sanno di avere il ritorno pubblicitario maggiore. Il nostro Paese ormai non gode più della considerazione di un tempo ed a questo aspetto si unisce una motivazione di carattere culturale: in Italia c'è la F1 ed in particolare la Ferrari. La stragrande maggioranza del pubblico generalista vive di questo connubio ed i media non fanno molto per cambiare la situazione. All'estero le cose sono diverse, forse per i Paesi emergenti ci sono ancora il brivido e la curiosità di avvicinarsi a qualcosa di nuovo, qualcosa che offra la possibilità di vivere un weekend in modo diverso...".


Il ricordo più bello di questi 25 anni?

"Potrei dire le tante vittorie, ma mentirei. In realtà conservo nel cuore i tempi della Formula Junior quando ci fermavamo nel retro-box a Monza il sabato sera. All'epoca, per correre, il formulino dovevi costruirtelo da solo e il nostro si fermava ogni mezz'ora, magari dopo aver perso le ruote...beh, capitava che ancor prima di aver finito la gara, fossimo già lì a e progettare le modifiche per il weekend successivo con il pensiero fisso "Adesso andiamo a casa, facciamo così, saldiamo il pezzo e settimana prossima vinciamo". Ecco: questo è il ricordo in cui si cela la forza dell'Oregon Team...".




Prima di andarcene passiamo di fronte alle vetture schierate in fase di rialzo: una Clio e sei Megane, ormai spoglie di numeri e loghi degli sponsor. Così ci viene istintivo chiedere quale fosse quella di Bortolotti. Canevisio sorride esclamando: "Sceglietene una, tanto sono tutte uguali!". Quando scoppiamo ridere a nostra volta, si fa avanti e quasi all'unisono con i meccanici le mette in fila puntandole con il dito: "Costa, Bortolotti e Comini, ma scrivetelo pure che per noi sono davvero tutte uguali!"

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