La storia del "dream team": oggi parliamo di Marco Lucchinelli

07/01/2009 Massimo Bonantini
Se si potesse cercare sul vocabolario la voce "genio e sregolatezza"
come risposta troverete sicuramente un nome e un cognome: Marco Lucchinelli.

Pochi, come il grande pilota di Ceperana (SP),
raffigurano il più cristallino talento in sella a una moto così
come una vita all'insegna del classico
"sex, drug & rock'n roll" una
volta smessa la tuta.



Una carriera motociclistica che, causa diversi
fattori, sarà cortissima ma intensa allo stesso tempo; una cometa, o
una stella come piaceva vedersi a lui, sicuramente uno che ha
lasciato il segno tra gli appassionati e gli addetti ai lavori. Eccome
se l'ha lasciato. Per questo ci sentiamo in dovere di inserirlo,
di diritto, nel nostro "dream team".



Inizia a correre quasi per gioco nel '74 con un'Aermacchi 250
costruita in casa ma è nel '75 che corre in forma semi
professionale con una Laverda 1000 gestita da Roberto Gallina
nell'Italiano Endurance.

Alla prima prova cade quasi subito ma il
manico si vede eccome, così come la gran capacità di assimilare
molto in fretta le piste sconosciute. Una guida a dir poco
spericolata che con la stessa velocità lo catapultava spesso tra i
primi e lo portava a terminare in terra, una gran velocità sul
bagnato oltre a un carattere estremamente estroverso, allegro e
gioviale gli fanno guadagnare ben presto il soprannome di "Crazy horse".



Nel '76, sempre con una moto gestita dal team Gallina, passa
in Suzuki e arriva il debutto nel mondiale 500, e che debutto: pista
di Le Mans, 1° turno di qualifica il venerdì: pole. 2° turno il
venerdì: pole e si ripete il sabato mattina!

La squadra arrivò
addirittura a provare un paio di alette poste ai lati della carena
perchè nel dosso da sesta piena, sotto il ponte Dunlop, la moto
decollava letteralmente.

Solo la maggior esperienza e tutto il
manico di Barry Sheene lo scalzarono da lì ma in gara arrivò
comunque 3° dietro a Sheene e Cecotto.



Alla gara successiva al Salzburgring è secondo solo dietro a Sheene e, successivamente, ottiene
altri 2 podi ed un quarto posto. Peccato per qualche caduta e
rottura meccanica di troppo che alla fine lo piazzano 4° nella classifica iridata...



Nel '77 lascia il team Gallina per una nuova squadra privata che
prometteva faville sponsorizzata da Life Helmets e dai fratelli
Castiglioni, gestita da Alberto Pagani e moto Suzuki, ma l'avventura
si rivela un vero disastro.

A metà stagione la Life abbandona la
nave e lascia soli i fratelli Castiglioni che comunque non si
scoraggiano e per l'anno successivo rimettono in piedi il vecchio
stabilimento Aermacchi e con delle vetuste Suzuki verniciate
grigio-rosso in onore alla MV prendono il via nella stagione '78.



Affidandosi più al manico dello spezzino che ad altro, la stagione
sarà comunque un altro calvario e il miglior risultato sarà un terzo
posto
al GP delle Nazioni.

Un anno dopo Lucchinelli tenta l'avventura fondando
la propria squadra sempre con una Suzuki e con tecnici di
provenienza Cagiva ma i risultati non migliorano, anzi, si tocca
probabilmente il fondo racimolando appena 21 punti a fine
campionato.



Il futuro dell'ancora giovane pilota spezzino si vede
grigio ma il divorzio tra Uncini e Gallina gli riapre le porte della
sua ex squadra e così che per il 1980 ritrova finalmente una moto
competitiva che gli permette di esprimersi come sa.

Con 2 secondi e 2 terzi posti è spesso in lotta col marziano Roberts e Mamola
finché, "nientepopodimeno" che al Nordschleife ottiene la sua prima
vittoria firmando l'ultima edizione disputata sul terribile
tracciato tedesco e si aggiudica il 3° posto nel mondiale dietro ai
due mostri
sacri americani che sono comunque avvisati per l'anno
successivo.



Le furibonde
lotte con Roberts, Mamola, Sheene più qualche "ospite d'eccezione"
si susseguono per tutto l'81 dando vita a gare epiche come quella di
Spa. Il campionato inizia sotto l'insegna degli americani ma in
Germania comincia la rimonta dello spezzino che si piazza terzo ad
Hockenheim, vince al Paul Ricard, ripetendosi ad Assen, Spa, Imola e
Imatra.

Un bottino di 105 punti vale a fine anno il titolo di
campione del mondo.



Tanto per dare un'idea dello spirito con cui Lucky e i piloti di
quei tempi affrontavano le gare, si potrebbe citare un aneddoto raccontato
dallo stesso Marco: "Imola '81. La pista era umida e mi presentavo al
via con le intermedie. Barry sulla linea di partenza mi guarda e mi
dice 'guarda che non piove'. Mancavano pochi minuti all'inizio della
corsa, mi affrettai a tornare ai box per montare gli pneumatici slick e lui fece di tutto per far ritardare la partenza: mise la sua
Yamaha di traverso sulla linea di partenza, poi fece portare la sua
moto ai box fingendo di avere dei problemi meccanici. Io riuscii a
cambiare le gomme. Fu una gara stupenda, dopo qualche giro ero in
testa, lui mi superò e, come faceva spesso per irridere gli
avversari, mi mostrò il dito medio con la mano destra. Dopo qualche
tornata lo sorpassai e gli feci lo stesso gesto. La gente pensava
che c'erano polemiche tra noi, in realtà eravamo grandi amici e
scherzavamo sempre. Vinsi la gara, lui arrivò secondo e fu il primo
ad abbracciarmi e a farmi i complimenti"
.



L'82 potrebbe essere l'anno della consacrazione: arriva la chiamata
della Honda ufficiale e Lucchinelli non resiste alla tentazione.
Purtroppo la NSR a 3 cilindri messa in pista dall'HRC mostra diversi
problemi tecnici e una scarsa competitività che complicheranno e
non poco il campionato.

Per molti la svolta della carriera di Lucchinelli arrivò il 2 maggio
'82 al Salsburgring: lottava per la
vittoria con Uncini, finì nell'erba a oltre 200 km/h e per non
finire
in mezzo agli spettatori si buttò volontariamente in terra:
volo spettacolare ma pilota fortunatamente illeso, almeno
fisicamente, perchè da allora non si è più visto il Lucchinelli
spericolato e spavaldo di sempre.

Forse qualcosa è scattato nella
sua testa di pilota che effettivamente in quel periodo sembrava più
preoccupato di cantare a Sanremo e partecipare a qualsiasi meeting
mondano e non che a correre in pista, forse la scarsa competitività
della moto, chissà, fatto sta che a fine '83 abbandona il
Motomondiale ufficialmente salvo qualche sporadica apparizione con Cagiva nei 2 anni successivi.



Sembra la fine ma "Cavallo Pazzo" non può certo finire in questo modo e
così nell'87 accetta la sfida
Ducati e va a vincere clamorosamente la prestigiosa "Battle of the
twins", gara nella gara della 200 miglia di Daytona, con il primo
prototipo di motore a 4 valvole della casa bolognese ribattezzato
851, ripetendo l'impresa di Giacomo Agostini del '75.

Riprendendo
forse il gusto per la moto e le corse nell'88 partecipa sempre con
una Ducati 851 nel primo campionato della allora nascitura categoria
Superbike e il debutto è alla Lucky: a Donington Park dopo
un entusiasmante duello con Davide Tardozzi, arriva secondo nella
prima
manche aggiudicandosi la successiva. Terminerà il campionato al 5° posto.



Non si sa se sia stata la stella fortuna o il cavallo pazzo, fatto
sta che i fortunati ci riteniamo noi che l'abbiamo potuto vedere in
pista.



Marco Lucchinelli in "cifre":



80 Gran Premi disputati

06 Gran Premi vinti

19 Podi conquistati

09 Pole position

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