Frango ha scritto:Voglio essere ottimista, anzi ottimisto, e pensare che, date le ristrettezze economiche, a BMW convegna di + allearsi con Chevy e Lada (non ridete
![[:50] [:50]](./images/smilies/001.gif)
), per avere dei vantaggi regolamentari per i benzina.
Non ci vedo nulla da ridere ma e' l'unica cosa che possono fare.
![[:1]](./images/smilies/1.gif)
Lunghettino ma vale la pena, sempre un mito il Zanna.
“Cari Amici, non era mia intenzione gettarvi fumo negli occhi, né tantomeno tenere un profilo basso con fare scaramantico: ero davvero convinto che la gara Messicana di Puebla non ci avrebbe regalato nulla di buono.
Certamente la grossa differenza l’ha fatta la pista. Negli anni passati l’aderenza era pressoché nulla: o si scivolava per l’asfalto che si sbriciolava, o non si stava in pista a causa della polvere di filler gettata dagli addetti proprio per evitare al fondo stradale stress che non era in grado di sopportare.
Quest’anno abbiamo trovato una situazione decisamente diversa e questo ci ha permesso di togliere mediamente cinque secondi dai tempi dell’anno scorso (!). Il guadagno di aderenza ha ridato senso a scelte di assetto più convenzionali ed ha eliminato un problema che noi della BMW subivamo maggiormente a causa della trazione posteriore.
Ma questa è la storia del fine settimana per il marchio che anch’io rappresento con orgoglio, dove Farfus ed Andy Priaulx hanno organizzato la riscossa BMW già dalle qualifiche conquistando la prima fila.
Per me le cose invece erano partite meno bene: dodicesimo in griglia con un poco confortante distacco di oltre un secondo e mezzo, contavo molto sulla proverbiale costanza del mio passo per impostare una rimonta in gara. Al via sono riuscito ad evitare i guai della prima curva e dopo qualche sorpasso mancava solo l’ormai già ‘inquadrato’ Larini per agguantare l’ottavo posto che mi sarebbe valso un punto e la pole position per gara due. Tuttavia proprio in quel momento (non eravamo nemmeno a metà gara) la macchina ha iniziato a ’soffrire’. Probabilmente già dalla partenza si era rotto l’alternatore e il lento consumo di quanto accumulato nella batteria mi garantiva una chance di sopravvivenza che assomigliava molto di più ad una inesorabile agonia.
Prima un generale calo di potenza, poi tagli secchi dovuti al fatto che, con voltaggio insufficiente, il sensore del cambio marcia partiva per gli affari suoi e quindi ho dovuto disconnetterlo passando alla mappatura di sicurezza che prevede la gestione manuale dell’acceleratore durante la cambiata. In ultimo l’idroguida: brevi segnali che qualcosa non andava, poi nel corso di un solo giro lo sterzo si è indurito lasciandomi definitivamente senza servo assistenza.
Non voglio spacciare la mia caparbietà nel terminare la gara in queste condizioni per eroismo, ma vi garantisco che l’allenamento con la handbike è tornato particolarmente utile; un’auto concepita per funzionare con l’idroguida è veramente inguidabile senza (provare per credere!). Nell’ultima curva, un tornantone tipo ovale americano che si percorre in pieno tutto al limite, tenere il volante con una mano sola perché con la destra dovevo passare tre marce era una vera sofferenza. A questo aggiungete che avevo anche la necessità di aprire le dita della mano sinistra per rilasciare l’acceleratore ad ogni cambio marcia visto che il sistema era andato in tilt e tenere lo sterzo trasformatosi in un macigno per sette giri con la sola contrapposizione del pollice… Beh, porca miseria, sono convinto che in tanti al mio posto si sarebbero fermati!
Archiviato il tredicesimo posto di gara uno c’era una esigua speranza di portare a casa qualcosa nella seconda frazione. Tuttavia sistemare l’auto nel solito quarto d’ora a disposizione dopo la apertura del parco chiuso sembrava veramente impossibile. In confronto quanto compiuto dai miei ragazzi a Macao pareva una robetta da dilettanti: nel mio trascinarmi verso il traguardo infatti avevo anche rimediato una bella tamponata da parte di un ‘vecchio amico’ a causa della quale lo scarico era piegato malamente all’altezza del gruppo dei catalizzatori e pure il montante della sospensione posteriore sinistra non ne era uscito bene.
Credo di essere un pilota con una discreta cultura tecnica e so valutare l’entità di un lavoro perché non ho mai disdegnato di sporcarmi le mani di tanto in tanto e capisco cosa vuol dire usare una ‘chiave inglese ed un martello’. Per questo ascoltavo con simpatica accondiscendenza i discorsi dei miei amici-meccanici durante la pausa tra le due gare: ‘Ale, come a Macao dai che ghe’ a femo!’ mi ripetevano un po’ tutti a turno, ma proprio per quello che ho detto sopra confesso che quel che provavo non era scetticismo. Sono sinceramente convinto di avere al mio fianco i migliori meccanici dell’intero paddock ma in quel momento intimamente il mio verdetto era che l’impresa non poteva essere fatta perché impossibile.
Ad un minuto dalla sirena che avrebbe decretato la fine del parco chiuso e la luce verde per l’assurdo tentativo i ragazzi del BMW Team Italy-Spain erano già tutti in posizione. Il mio semplice compito era di salire subito in auto per ‘togliermi dalle scatole’ e non essere d’intralcio, poi avrei dovuto attendere i 15 minuti a disposizione con il solo compito di mettere casco, guanti e tenere diritto il volante durante i lavori di ripristino di convergenza e assetto compromessi dalla botta di gara uno.
Con la mano tesa verso la portiera mi concedo un ultimo sguardo verso il ‘Lupo’ e per stemperare la tensione gli chiedo: ‘C’è qualche speranza?’ Lui mi strizza l’occhio e con un grintoso sorriso afferma: ‘P. F.!’ che starebbe poi per: ‘Per forza !’. ‘P.F.’ riprende Bicio a voce molto più che convinta da dietro e mentre tutti ridono pregustando la sfida Zanella chiude la conversazione apostrofandomi affettuosamente: ‘Dai Bocia, monta in macchina e non stà a rompere i cojoni che ghe a femo !’
Non si può sostituire un organo vitale senza aver cura di ciò che lo circonda e sia nel caso dell’alternatore che per quel che riguarda scarico e catalizzatori occorre operare la sostituzione dopo aver rimosso un numero notevole di componenti che li circondano. Coniugare delicatezza e precisione con la necessità di far presto è già di per sé difficile, in più ognuno sapeva di dover svolgere il proprio compito con elasticità d’intervento per rendere il proprio sforzo complementare a quello dei compagni.
Perché una cosa è cambiare una batteria, un’altra è doverlo fare in uno spazio angusto da dividere con chi sta sostituendo una centralina coperta da cablaggi e altre parti elettriche da scollegare e ricollegare in sincronia. Un conto è sostituire scarico e catalizzatori, diverso è doverlo fare mentre al tuo fianco un compagno smonta un porta-mozzo per cambiare il tirante della convergenza. E non è facile smontare metà dal motore per arrivare all’alternatore, avendo cura di non urtare il filo che ti passa in mezzo alle gambe necessario a traguardare l’assetto per sistemare camber e convergenze.
Eppure, con una danza corale in cui sembrava che l’eccezionale sincronia fosse il risultato di mille tentativi, ho visto uscire dal cofano e dal fondo scocca una quantità incredibile di pezzi, paratie, fili elettrici, cablaggi e coperchi dell’aspirazione che hanno invaso lo spazio circostante la mia macchina. Poi ogni cosa è stata sistemata, ogni pezzo sostituito e mentre ogni componente riprendeva magicamente il suo posto ricominciavo a vedere l’asfalto attorno a me, prima nascosto dalla miriade di parti vitali della mia auto.
Il cronometro, apparentemente ignorato per la pressione psicologica che ha esercitato su tutti era lì a ricordarci che il tempo stava scadendo. Eppure, quando il cofano è sceso, il motore è partito e con la mia macchina ho preso la via della pista dovevano passare ancora 25 secondi prima che il semaforo della pit-lane diventasse definitivamente rosso.
‘Non come Macao, molto meglio!’ ho pensato e dopo aver ringraziato i ragazzi per lo straordinario lavoro ho semplicemente aggiunto via radio: ‘quanto vorrei regalarvi la soddisfazione di un bel risultato oggi, ve lo meritate proprio!’
A 42 anni, con tante rughe sul viso in più e due gambe in meno capita che anche la passione più forte venga messa facilmente in discussione dalle difficoltà che uno sport duro come il mio comporta. Però poi, quando la testardaggine di averci provato ancora ti porta a vivere momenti così, coniati sulla magica forza di un gruppo di persone fantastiche, beh allora capisci che ne vale ancora la pena, che è bello restare nei paraggi perché queste ventate di cose belle ogni tanto continuano ad arrivare.
La gara l’avete vista, sia io che il mio bravissimo compagno Sergio ‘Nando’ Hernandez eravamo davvero veloci e la nostra rimonta non è stata il frutto dei ritiri altrui ma la giusta contropartita alla forza che abbiamo espresso. Quando sono riuscito a passare il bravo Nicola Larini, ero a più di nove secondi dal leader Muller; aver finito la gara a soli 6,2 secondi dal vincitore, oltre ad aver dato grande valore alla prestazione, significa poter guardare al seguito della stagione con grande entusiasmo.
Concludo questo racconto iniziato ieri in aereo mentre i miei Amici del Team BMW Team Italy-Spain stanno rientrando con un giorno di ritardo rispetto al fortunato sottoscritto che è già a casa. Domani (oggi, ndr.) riposeranno il mattino, ma vi garantisco che il pomeriggio sarò in officina con loro munito di soppressa, pane fresco e vino buono per annaffiare gli aneddoti che sarà bello raccontarci di nuovo e per preparare con ritrovato entusiasmo nuove avventure. Berrò un bicchiere anche alla vostra, ciaooooo!”
Firmato: Alessandro Zanardi